lunedì 18 novembre 2013

La fine dell'amiciza franco-tedesca

Il tramonto della moneta unica corrisponde anche alla fine di un'amicizia che durava da oltre 50 anni e di una lunga fase di riconciliazione. Il segno tangibile è il ritiro della brigata franco-tedesca operato dai francesi: ufficialmente per motivi di bilancio, in realtà per una divergenza sempre piu' profonda fra i due paesi. Da German Foreign Policy
La stampa tedesca commenta con titoli canzonatori la recente visita della Cancelliera a Parigi: "la grande vincitrice incontra un Hollande impotente", titolava la stampa del gruppo Springer. Riferendosi alla drammatica situazione economica francese scriveva: "il paese si avvicina al baratro". Dall'altro lato gli esperti constatano una profonda divergenza fra l'economia tedesca e quella francese. Berlino con le riforme Hartz - riduzioni salariali e compressione della spesa sociale - ha garantito all'industria tedesca un vantaggio tangibile, si scrive nell'analisi. La resistenza contro i programmi di austerità in Francia è molto forte. Le differenze economiche fra Francia e Germania sono ormai molto ampie ed è sempre piu' forte il dubbio che vi siano ancora "basi sufficientemente solide per una cooperazione franco-tedesca", si scrive in una recente analisi della Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). Come prova ulteriore dell'erosione dei legami fra Germania e Francia gli osservatori indicano la recente decisione del governo di Parigi di ritirare dalla Germania una parte importante della brigata franco-tedesca.

Un certo ritardo

Il diverso andamento economico registrato da Francia e Germania da quando Berlino si è imposta su Parigi nella battaglia per il potere all'interno dell'UE, viene definito dagli esperti francesi come un "disaccopiamento" ("decrochage") dell'economia del loro paese. Il tema è stato oggetto di una recente analisi che Henrik Uterwedde, direttore del Deutsch-Französisches Institut di Ludwigsburg, ha appena pubblicato presso la Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). Secondo il documento "la Francia sarebbe sempre piu' in ritardo". Mentre l'economia tedesca continua a crescere, quella francese è in stagnazione; mentre la disoccupazione in Germania è scesa fino al 5.4%, in Francia ha raggiunto l'11%. L'export tedesco è in una fase di boom, la Francia è in profondo rosso. [2] Inoltre, sempre secondo Uterwedde l'industria francese "sta perdendo di peso": "nel 2000 il valore aggiunto creato dall'industria francese era pari al 50% di quello tedesco; 10 anni piu' tardi il rapporto era scesa al 40%" [3]. I consulenti del governo tedesco constatano apertamente che "il peso relativo della Germania sta crescendo, mentre la Francia sta perdendo influenza".

Taglio salariale: "capacità di cooperazione"

Secondo Unterwedde "non c'è alcun dubbio" che le riforme Hartz realizzate dai governi rosso-verdi abbiano creato delle condizioni favorevoli per l'economia tedesca - condizioni che alla fine hanno permesso all'industria tedesca di imporsi contro la concorrenza francese. La situazione francese di oggi ricorda "sotto molti aspetti" la situazione in cui si trovava la Germania prima delle riforme Hartz, sempre secondo Uterwedde. Tuttavia Parigi fino ad ora avrebbe ritardato le "importanti riforme strutturali" - anche a causa delle "massicce proteste politiche".  In merito all'accettazione dei tagli salariali e delle riduzioni di spesa sociale da parte dei sindacati tedeschi, nell'ambito delle riforme Hartz [5], scrive l'autore "gli accordi aziendali per la difesa del lavoro e della competitività che il management e i consigli di fabbrica hanno siglato in numerose imprese di grandi dimensioni sin dagli anni '90" hanno avuto molto successo; l'elemento determinante è stato "la capacità di cooperazione per il superamento dei problemi, da sempre presente in Germania". Considerando la propensione alla lotta tipica dei sindacati francesi, sempre secondo il documento "in Francia tale capacità di cooperazione è molto limitata".[6]

Resistenza francese

Di fatto la critica alle riforme Hartz e alla loro impronta neoliberista, al loro effetto nell'ampliamento delle differenze fra ricchi e poveri, che in Germania hanno addirittura contribuito ad ampliare le differenze di aspettativa di vita fra ricchi e poveri, in Francia è molto diffusa.[7] In una "parte considerevole della società francese c'è una forte resistenza contro queste misure neoliberiste", ammette Uterwedde. "Oltre alla valutazione negativa della politica economica tedesca", si sono aggiunte nel frattempo "le critiche verso l'egemonia economica e la politica tedesca per l'Eurozona". Quest'ultima, si dice in Francia, è rivolta in "maniera univoca a una politica di austerità". Le speranze "di un cambiamento di governo a Berlino e di un nuovo corso nella politica europea" sono andate in frantumi; in Francia dalla Grosse Koalition si aspettano "solo dei cambiamenti marginali rispetto alla precedente linea politica". A livello governativo il tentativo di resistenza francese non ha avuto buon fine: "il tentativo del presidente francese di organizzare una maggioranza in Europa senza, oppure contro la Germania, è fallito, ed ormai appartiene al passato" [8 ]

Il cortile tedesco

Gli stessi dubbi vengono ora espressi non solo in ambito economico e di politica finanziaria, ma anche nel dibattito sulla politica estera e militare. Cosi' uno sguardo alla storia della politica estera e degli interventi militari dell'UE mostrano che sin dagli anni '90 sono serviti a difendere gli interessi tedeschi nell'Europa dell'est e del sud-est: con la guerra in Jugoslavia, l'allargamento ad est dell'UE e il "partenariato orientale", che a fine novembre dovrebbe essere incoronato da un accordo per una piu' stretta integrazione fra i diversi paesi dell'Europa orientale e del Caucaso con l'UE. Gli interessi francesi in Africa sono stati messi da parte, indimenticabile è l'intervista all'allora ministro della difesa federale Volker Rühe nel 1994: "L'Eurokorp non è un Afrikacorp"[9], oppure il fallimento pilotato da Berlino dell'Unione mediterranea proposta da Parigi[10]. La Francia nei suoi tradizionali bacini di influenza in Africa è sempre piu' debole, scrivevano già 2 anni fa i consiglieri del governo di Berlino; nel lungo periodo "la distanza fra Parigi e i paesi del Mediterraneo potrebbe diventare ancora piu' grande".[11] Il contrario accade invece per le posizioni tedesche nei suoi tradizionali bacini di influenza nell'Europa dell'est e del sud-est.

La brigata franco-tedesca

In questo contesto Parigi alla fine di ottobre ha deciso di ridimensionare drasticamente la brigata franco-tedesca. La sua fondazione risale ad un accordo tra Helmut Kohl e François Mitterrand nel 1987; nel 1989 è stata istituita come simbolo della riconciliazione franco-tedesca. La Francia ha piu' volte sollecitato l'utilizzo della brigata; la Repubblica Federale l'ha sempre impedito, non per ragioni pacifiste, piuttosto perché la Germania se avvia un'operazione militare lo fa nel suo interesse, non per difendere gli interessi francesi. La linea ufficiale di Parigi recita: a causa di risparmi inevitabili, il prossimo anno il 110° Reggimento di fanteria sarà ritirato dalla caserma di Donaueschingen in Baden-württemberg. Si tratta di una parte importante della brigata franco-tedesca. Di fatto, nella decisione di ritiro, la motivazione principale è stata il riconoscimento che la parte tedesca nel progetto binazionale segue solo i propri interessi e non è interessata ad un ribilanciamento. Gli osservatori confermano che la Francia, invece, nelle ex-colonie non ha sacrificato le sue basi militari. L'imposizione degli interessi  tedeschi ha condotto a tagli nei progetti bilaterali - anche nella brigata franco-tedesca.

Dubbi

Come scrive Henrik Uterwedde in riferimento alle questioni economiche e finanziarie, negli ultimi tempi "ci sono sempre piu' dubbi sul fatto che vi siano le condizioni minime per il proseguimento della cooperazione franco-tedesca" [12]. Dubbi di questo genere sono emersi anche in ambiti molto diversi - tutti risultati del tentativo di imporre un'egemonia tedesca.

[1] s. dazu Am längeren Hebel, Germanische Strenge und Ein Tabubruch
[2] s. dazu Hartz IV für alle
[3] Henrik Uterwedde: Ende der Divergenzen? Perspektiven der deutschen und französischen Wirtschaftspolitik, DGAPanalyse No. 11, November 2013
[4] s. dazu s. dazu Die Dominanz über Europa
[5] s. dazu Sparen für Deutschland
[6] Henrik Uterwedde: Ende der Divergenzen? Perspektiven der deutschen und französischen Wirtschaftspolitik, DGAPanalyse No. 11, November 2013
[7] Soziale Schere geht weiter auseinander - Arme sterben fünf Jahre früher als Reiche; www.rtl.de 10.10.2013
[8] Henrik Uterwedde: Ende der Divergenzen? Perspektiven der deutschen und französischen Wirtschaftspolitik, DGAPanalyse No. 11, November 2013
[9] s. dazu Ein Land am Abgrund
[10] s. dazu Kein Gegenpol
[11] s. dazu Kulturkämpfe

[12] Henrik Uterwedde: Ende der Divergenzen? Perspektiven der deutschen und französischen Wirtschaftspolitik, DGAPanalyse No. 11, November 2013

giovedì 14 novembre 2013

CSU: fuori gli euro-deboli dalla moneta unica

Horst Seehofer, il leader dei cristiano-sociali bavaresi, nelle trattative per la formazione del governo fa uscire un documento in forte contrasto con il corso europeista di Merkel: fuori gli euro-deboli dalla moneta unica. Dopo la sconfitta della FDP, la CSU affila le armi in vista delle europee del 2014. AfD fa paura. Da Der Spiegel
La Cancelliera vuole unità sulla politica europea, ma è proprio la CSU a mettersi di mezzo. Nei negoziati per la formazione del governo, i cristiano-sociali insistono su di un protocollo separato. La richiesta fondamentale: una linea dura contro i debitori nel sud dell'Euro-zona.

Quando i 3 segretari generali di CDU, CSU e SPD mercoledì pomeriggio hanno parlato davanti alla stampa in merito ai primi risultati dei negoziati per la formazione del governo, avevano soprattutto un obiettivo: dopo numerosi annunci di liti fra Unione e SPD, volevano solo mostrare l'armonia che regna all'interno della Grosse Koalition. Basta con le storie di sessioni interrotte o di minacce arrivate a tarda notte.

Sui temi piu' importanti ci sarebbe già una larga intesa, si rallegra il segretario generale della CDU Hermann Gröhe. Come esempio porta quello della politica europea. Il segretario generale della SPD Andrea Nahles è d'accordo con lui.

Cio' che entrambi hanno taciuto: nel documento di 12 pagine che i corrispondenti gruppi di lavoro hanno negoziato, la CSU ha aggiunto un piccolo protocollo che Spiegel Online vi mostra. Nel documento i Cristiano-sociali chiedono che i debitori del sud dell'Euro-zona possano uscire dall'Euro: "la CSU si impegna a fare in modo che gli stati membri che nel prossimo futuro non riusciranno ad essere in condizione di soddisfare i criteri di stabilità previsti dal Trattato di Maastricht, possano lasciare l'Euro", si afferma. CDU e SPD la vedono in maniera diversa. Di un compromesso nessuna traccia.

Sicuramente la formulazione - se confrontata con il tipico tono dei bavaresi - è alquanto sobria. Ma il messaggio è chiaro: i paesi in bancarotta dovranno uscire dall'Euro. Cosi' ha deciso la CSU all'unanimità nel suo congresso dello scorso anno. Per la Cancelliera Merkel (CDU), che preferirebbe guidare la politica europea dal suo ufficio di Cancelleria senza il rumore fastidioso degli accompagnatori, non è una buona notizia. Anche in futuro il piccolo partito fratello non intende seguire la Cancelliera nel suo cammino europeo.

E questo vale anche per una lunga serie di argomenti. Impassibile, nel suo protocollo la CSU ha rilanciato la sua richiesta di un referendum nazionale sulle "decisioni di politica europea di particolare importanza". I cristiano-sociali chiedono inoltre il ritorno a livello nazionale di alcune competenze oggi delegate a Bruxelles e un procedimento comune per la ristrutturazione del debito sovrano.

La breve dichiarazione non mostra solo che la CSU e la CDU nei negoziati di coalizione ormai da tempo non hanno piu' una sola voce. Conferma anche che la CSU di Horst Seehofer ha già iniziato a prepararsi per le elezioni europee del prossimo maggio: il suo obiettivo è fermare l'avanzata degli Euro-contrari di AfD. Per questa ragione vuole ad ogni costo evitare di mostrare approvazione verso le formule troppo morbide tipiche delle trattative di coalizione.

Nel documento la CSU chiede anche una riduzione del numero di commissari UE: "ci deve essere una concentrazione degli ambiti di competenza", secondo il portavoce della CSU ed esperto UE dei cristiano-sociali Thomas Silberhorn, che negozia per conto della CSU nel gruppo di lavoro sull'Europa. "Governi di queste dimensioni esistono solo in Africa, dove nella formazione del governo si deve tenere conto di tutte le tribu'", continua Silberhorn.

In questo clima non sorprende che il segretario generale della CSU Alexander Dobrindt sia stato un po' disturbato dai toni usati dai suoi colleghi mercoledi' pomeriggio: "non vogliamo che la nostra cultura del confronto sia rovinata da questa atmosfera di armonia", ha detto con aria di sufficienza. Sui temi europei è sicuramente il caso.

martedì 12 novembre 2013

Sinn: il boom immobiliare tedesco durerà a lungo

Questa volta Hans Werner Sinn dalle colonne della conservatrice WirtschaftsWoche ci spiega che il boom immobiliare tedesco durerà ancora a lungo: almeno fino a quando i sud-europei avranno il controllo della BCE. H.W. Sinn da WirtschaftsWoche
I prezzi degli immobili in Germania negli ultimi anni sono cresciuti. Non possiamo tuttavia parlare di una bolla speculativa. Se facciamo un confronto internazionale, il mercato immobiliare tedesco non puo' essere considerato sopravvalutato. E fino a quando la BCE manterrà la sua politica dei bassi tassi di interesse, gli immobili resteranno un buon investimento.

Nel maggio e nel giugno 2010, al culmine della crisi Euro, in una delle mie colonne su WirtschaftsWoche, avevo già previsto un boom nel settore delle costruzioni: gli investitori tedeschi infatti non avevano piu' fiducia nei mercati esteri. Nessuno allora mi aveva creduto. Ci sono voluti mesi affinché considerazioni simili provenienti da altre fonti fossero prese sul serio.

Ora è evidente: il boom è arrivato. Dalla metà del 2010 fino alla metà del 2013 i prezzi sono saliti del 9%. L'occupazione nel settore delle costruzioni è cresciuta dell'1.5%, gli investimenti sono cresciuti del 4.2%. Gli ordinativi per la costruzione di nuove abitazioni sono cresciuti del 36%. Il numero di abitazioni completate nel 2012 è stato del 25% superiore rispetto al 2010. I prezzi per l'acquisto di case nuove sono cresciuti, soprattutto nelle grandi città. A Berlino in questi 3 anni sono cresciuti di quasi il 40%, ad Amburgo, a seconda del tipo di abitazione dal 17 al 40%, a Stoccarda di circa il 25%, a Monaco fra il 20 e il 35% e a Colonia fra il 14 e il 17%.

La Bundesbank mette in guardia

La Bundesbank ha recentemente messo in guardia da un surriscaldamento del mercato. L'aumento dei prezzi, soprattutto nelle aree urbane, "è difficile da giustificare", scrive nel suo rapporto mensile di ottobre e mette in guardia da possibili "e tangibili perdite patrimoniali", sebbene nel giudizio complessivo non rilevi alcuna sopravvalutazione.

Il boom è già finito? E' stata solo una fiammata temporanea? Io non credo. Diversi indicatori suggeriscono che il boom sta proseguendo. Uno dei piu' importanti è l'indice degli ordini ricevuti dagli architetti, che l'istituto IFO raccoglie e pubblica su base trimestrale. Sono tornati al livello del 1994/1995. All'epoca il boom che aveva seguito la riunificazione iniziava a raffreddarsi, anche se restava ancora forte. Negli ultimi 18 anni gli architetti non avevano mai avuto cosi' tanti ordini come adesso.

Non credo percio' ad una imminente fine del boom edilizio: le bolle immobiliari prima di scoppiare si gonfiano per circa 15 anni. L'ultimo boom immobiliare tedesco è durato dai primi anni '80 fino alla metà del decennio successivo. L'ultimo boom immobiliare americano è durato dalla fine degli anni '90 fino al 2007. Il boom immobiliare spagnolo si è protratto dalla metà degli anni novanta fino alla crisi Lehman del 2008. In ogni caso, non tutti i boom immobiliari si trasformano in una bolla che esplode. Spesso i prezzi raggiungono un determinato livello e li' rimangono per un po'. E anche se alla fine i prezzi iniziano a scendere, i primi 10 anni di crescita e di formazione della bolla sono alquanto piacevoli.

Inoltre, la crescita del prezzo degli immobili in Germania negli ultimi anni è stata sensibilmente piu' bassa rispetto a quanto accaduto nella maggior parte dei paesi oggi in crisi. Dal 1997 fino al 2000, il boom immobiliare causato dall'introduzione dell'Euro ha fatto aumentare i prezzi degli immobili francesi del 19%, in Spagna del 24% e in Irlanda addirittura dell'82%.

Negli anni precedenti, fra il 2000 e il 2007, i prezzi degli immobili tedeschi - anche se con differenze - hanno continuato a scendere, mentre in molti altri paesi europei stavano addirittura esplodendo. La necessità di una loro risalita è percio' ben fondata. I prezzi tedeschi nel confronto internazionale non sono particolarmente alti. Cosi' ad esempio i prezzi delle abitazioni in una metropoli come Francoforte sono piu' bassi rispetto a Barcellona, e naturalmente nessuna città tedesca regge il confronto con Parigi o Londra.

Questi sono i punti di riferimento che ogni investitore immobiliare dovrebbe tenere bene in considerazione. Le probabilità di fare un affare oggi non sono cosi' alte come potevano essere due anni fa. Tuttavia ci sono oggetti immobiliari che se scelti con intelligenza, in zone che attraggono nuovi abitanti, hanno buone opportunità di rivalutazione nel  futuro prossimo.

Nessuna inversione di tendenza

Naturalmente dobbiamo prendere sul serio l'avvertimento della Bundesbank. Ma si tratta piuttosto di un tentativo psicologico di frenare il mercato in anticipo. Che merita rispetto. Non bisogna pero' interpretare il segnale della Bundesbank come un consiglio di investimento all'interno di una economia di mercato. Mi aspetto una inversione di tendenza quando la BCE cambierà la sua politica dei bassi tassi. L'aumento dei costi di finanziamento potrebbe fermare il boom immobiliare. Ma fino a quando l'Euro esisterà, non potrà accadere, perché i costruttori hanno dei potenti alleati fra i rappresentanti della banca centrale espressi dai paesi super-indebitati del sud. Questi governatori siedono nel board BCE e faranno in modo che la stampa di denaro prosegua a pieni giri. A tal proposito non bisogna avere alcun timore per il valore dei propri immobili, almeno fino a quando i paesi del sud resteranno nella moneta unica.

Flassbeck: abbiamo disperatamente bisogno di debitori

Heiner Flassbeck, intervistato da Deutschlandfunk, torna a parlare della malattia profonda che affligge l'economia tedesca: troppo export e troppo risparmio. Abbiamo bisogno di debitori disposti ad assorbire i 180 miliardi di Euro di risparmio tedesco. Da dradio.de

Deutschlandradio: Heiner Flassbeck, pensioni piu' alte, piu' denaro per il sostegno ai figli, piu' soldi per le strade e i ponti, estensione della banda larga - cito solo alcuni dei punti su cui Unione e SPD avrebbero già trovato un accordo. E' già chiaro che alla fine di questa lista dei desideri non resterà molto?

Flassbeck: beh, dipende dal modo in cui si valuta la situazione generale, e la situazione generale è che la Germania non si trova in una fase di espansione economica, ma in una fase di stagnazione in un'Europa nel pieno di una profonda depressione. Prenda ad esempio il taglio dei tassi della BCE di ieri; ci mostra quanto disperata sia la situazione per l'Europa nel suo complesso. In una situazione come questa aumentare la spesa sarebbe molto utile, e lo stato non puo' tirarsi indietro. I bassi tassi della banca centrale indicano che non ci sono piu' debitori disponibili a fare nuovi debiti, in Europa e nel mondo. Lo stato non puo' certo dire, ora risparmiamo e non spendiamo piu' un Euro. Per il nostro futuro e per le generazioni che verranno dopo di noi, oggi invece di risparmiare, avrebbe molto piu' senso investire, perché di risparmiatori in giro ce ne sono già troppi.


Deutschlandradio: Herr Flassbeck, il suo suggerimento sarebbe quindi di fare piu' debiti e possibilmente aumentare anche le tasse?

Flassbeck: no. Aumentare le tasse in una situazione economica difficile non ha molto senso. Aumenti delle tasse hanno senso dal punto di vista della redistribuzione e anche da altri punti di vista, ma in questa  situazione specifica è necessario che la Germania stimoli la domanda interna. Dovrebbe essere la priorità assoluta. Abbiamo appena sentito l'avvertimento degli americani che ci hanno detto: così non potete andare avanti. La Germania non puo' continuare a vivere solo di export, e lo stesso vale per l'Europa e per il resto del mondo. Ovunque nel mondo abbiamo tassi vicini allo zero, e alla fine dovremo prendere atto di questo segnale. Qualcuno, in qualche luogo, prima o poi, deve fare dei debiti. Ora io non dico - e lei ha usato la bella parola "ordinato" - che lo stato deve "ordinatamente" spendere denaro. Io dico, qualcuno prima o poi dovrà fare dei debiti. Potremmo spingere le imprese tedesche a indebitarsi, che in realtà in una economia di  mercato sono il debitore naturale. Ma anche loro stanno risparmiando. E se tutti risparmiano le cose non possono funzionare, e non possiamo utilizzare sempre l'estero come un debitore, piuttosto, nel dubbio dovrebbe essere lo stato a fare qualche debito. Ci puo' essere risparmio, solo quando c'è qualcuno disposto a indebitarsi, per questa ragione non possiamo essere tutti dei risparmiatori. Dovremmo lentamente iniziare a tenere in considerazione questa semplice intuzione di contabilità macroeconomica. Discutiamo sempre come se fossimo completamente separati dal resto del mondo, ma invece non lo siamo.

Deutschlandradio: parliamo di altri argomenti di attualità. Li ripeto: pensioni piu' alte, assegni familiari piu' alti, investimenti per le infrastrutture, piu' banda larga. Misure che lei definirebbe sensate ed utili, indipendentemente dal modo in cui si potranno finanziare?

Flassbeck: gli investimenti in istruzione, infrastrutture e cura dell'ambiente sono assolutamente necessari ed utili, ed un'economia che sta andando ancora relativamente bene, dovrebbe impegnarsi in questi ambiti e fare qualcosa per il futuro. Lo ripeto ancora una volta: fare qualcosa per il futuro, oggi significa raccogliere i risparmi dei cittadini e investirli in maniera sensata. Fino ad ora i nostri risparmi sono andati sempre e solo verso l'estero, non puo' continuare in questo modo. E' il governo a dover decidere nel dettaglio quali sono le misure ragionevoli. Ma non dobbiamo perdere di vista il quadro economico generale. In materia di cura ambientale, infrastrutture generali, trasporti, ma soprattutto in materia di educazione, credo che in Germania ci sia bisogno di recuperare molto terreno, e ora è il momento giusto per affrontare questa necessità.

Deutschlandradio: poiché il gettito previsto in ogni caso non è sufficiente, si tratterà di...

Flassbeck: questo è il punto! Le entrate non sono sufficienti, vale a dire che lo stato in questo caso dovrebbe prendere a prestito e investire una parte di quei risparmi che sul mercato dei capitali non sanno dove andare, e che finirebbero altrimenti nelle operazioni da casino'. Questo sarebbe veramente sensato.

Deutschlandradio: questo significa fare altri debiti?

Flassbeck: si', certamente, fare altri debiti. Diciamolo ancora una volta in maniera chiara: quest'anno in Germania ci saranno altri 180 miliardi di risparmi aggiuntivi, che si aggiungono ovviamente ai risparmi già presenti! Devono andare da qualche parte. Lo stato non puo' dire: io non c'entro nulla, non ho alcuna intenzione di fare debiti. Chi dovrebbe essere allora ad utilizzare questi risparmi? Se questi risparmi non vengono assorbiti, l'economia tedesca avrà dei seri problemi. Fino ad ora è stato l'estero a fare debiti, ma ora gli altri paesi si sono stancati prendere a prestito. Noi non possiamo continuare a dire: noi non c'entriamo nulla, proseguiamo con il nostro modello economico. No, questo modello economico ci farà sbattere contro il muro. Dobbiamo capire che qualcuno deve fare dei debiti, e al primo posto ci sono le imprese tedesche, ma alla fine anche lo stato dovrà fare lo stesso.

Deutschlandradio: qualche debito lo abbiamo già, Herr Flassbeck. Il rimborso del debito non è piu' cosi' importante?

Flassbeck: vede, se 180 miliardi di risparmi arrivano sul mercato, è necessario che in qualche modo vengano impiegati. Non posso certo dire, beh ora ripaghiamo i vecchi debiti. In quel caso avremmo ancora piu' risparmio, avremmo allora 200 miliardi di Euro. Bisogna trovargli un impiego. Se non gli si trova un impiego, l'economia tedesca avrà dei seri problemi. Dobbiamo renderci conto che è necessario impiegare questi 180 miliardi di Euro. All'estero ormai sono in molti ad essere insolventi, non ne hanno piu' la possibilità. Abbiamo bisogno di investire da soli, e chi puo' farlo meglio delle imprese e dello stato? Ma per fare questo abbiamo bisogno di modificare la nostra politica economica, dobbiamo essere capaci di vedere queste relazioni. Altrimenti per l'economia tedesca non ci sarà un futuro.

lunedì 11 novembre 2013

Hans Werner Sinn: i tassi bassi sono un esproprio del risparmiatore tedesco

Hans Werner Sinn torna a parlare dei saldi Target e dei bassi tassi di interesse: la BCE con la sua politica sta espropriando i risparmiatori tedeschi, ormai la sua condotta è in contrasto con la costituzione tedesca. Da FAZ.net
E' la Germania a trarre i maggiori vantaggi dai crediti Target? Il mio collega Marcel Fratzscher del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW) ne è convinto. La sua affermazione mi ha spinto ancora una volta a prendere una posizione sulla questione Target - due anni e mezzo dopo aver scritto il mio primo contributo sulla FAZ, dando il via ad un dibattito non solo scientifico.

Prima di tutto, mi fa piacere che sia finita la fase in cui i politici tedeschi potevano ignorare la questione dei crediti Target liquidandoli come "saldi irrilevanti". E' ormai pacifico che i saldi Target rappresentano un rifinanziamento supplementare che la BCE ha fornito ai paesi in crisi, dopo aver abbassato il rating necessario per l'accettazione delle garanzie. Si tratta quindi di prestiti a carattere pubblico utilizzati per pagare i disavanzi delle partite correnti, rimborsare i debiti esteri, acquistare titoli, immobili e aziende in altri paesi. Cio' che in passato veniva finanziato dal credito privato, è stato sostituito dai prestiti della BCE.

Le banche dei paesi creditori hanno depositato il denaro in eccesso presso le banche centrali, in cambio di un tasso di interesse, e in questo modo hanno dato il via al ciclo. Le banche centrali  prestatrici accumulano un credito nei confronti dell'Euro-sistema, mentre le banche centrali dei paesi che hanno preso a prestito denaro aggiuntivo accumulano un debito per un importo corrispondente. L'80% della base monetaria dell'Eurosistema è stata creata dalle operazioni di mercato aperto delle banche centrali dei sei paesi in crisi (Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda, Cipro), sebbene questi paesi rappresentino solo un terzo della forza economica della zona Euro. Della stessa dimensione è la quota di reddito da interessi che l'Eurosistema ha generato nei paesi in crisi e poi redistribuito ai ministeri delle finanze dei vari paesi membri, secondo le dimensioni del paese. In Germania tutti gli interessi trasferiti dalla Bundesbank al ministero delle finanze arrivano dall'estero.

La macchina per stampare denaro è stata data in prestito

Una metafora delle operazioni di pagamento elettroniche che si nascondono dietro i saldi Target potrebbe essere la seguente: il sud-Europa si stampa il denaro di cui ha bisogno per poter comprare beni nel nord-Europa e per onorare i vecchi debiti. E' un po' come se il nord avesse prestato al sud una macchina per stampare denaro.

L'aver prestato la macchina stampa-denaro comporta pero' notevoli rischi. Se l'Euro dovesse disintegrarsi, i saldi Target svanirebbero nell'aria, mentre i titoli di debito, i beni patrimoniali e i beni di consumo, acquistati all'estero con il denaro trasferito, resterebbero naturalmente all'estero. 

Ma che cosa si è finanziato con questi crediti speciali usciti dalla macchina stampa-denaro? Secondo Marcel Fratzscher, i crediti Target tedeschi, che oggi ammontano a 570 miliardi di Euro, sarebbero nati soprattutto in seguito al rientro in patria di circa 400 miliardi di Euro dal mercato dei capitali privato, sostituiti dal credito delle banche centrali ai paesi in crisi. Egli parla di "auito per la fuga", poiché senza questo denaro i paesi in crisi non avrebbero potuto finanziare il rientro dei capitali.

Diverse interpretazioni dei fatti

L'interpretazione dell'aiuto alla fuga, che il mio collega Timo Wollmershäuser ed io abbiamo già sottolineato nelle nostre pubblicazioni scientifiche sul tema Target, descrive tuttavia effetti che nello sviluppo della crisi sono emersi solamente in alcuni paesi in crisi. Non chiarisce pero' la crescita dei saldi Target tedeschi, e se anche la spiegasse, non sarebbe stato compito della BCE difendere le banche tedesche da eventuali perdite. Tali misure di politica fiscale sono di competenza del Ministero delle Finanze e non del consiglio BCE.

Il DIW riferisce che circa 400 miliardi di Euro sono rientrati dai paesi in crisi verso la Germania. Sono cifre simili a quelle dell'Istituto IFO, che il DIW molto gentilmente cita. Si tratta tuttavia di un importo lordo, come indicato anche da Fratzscher. Se guardiamo alla cifra netta, gli investitori privati, secondo i dati, avrebbero fatto rientrare in Germania dai paesi in crisi molto meno (secondo i calcoli incompleti del DIW circa 200 miliardi di Euro netti), poiché gli investitori privati dei paesi in crisi hanno fatto l'operazione opposta ritirando i loro capitali dalla Germania. Se le operazioni opposte si fossero saldate a vicenda, le banche dei paesi in crisi non avrebbero avuto bisogno di stampare del denaro aggiuntivo e non avremmo avuto i saldi Target.

Ma il saldo rimanente, anche dopo questo calcolo, non è comunque dovuto ai capitali rientrati dai paesi in crisi e in seguito usciti di nuovo verso altre aree del mondo. Facendo la somma dei 5 anni di crisi, 2008-2012, nonostante il rientro temporaneo, secondo la bilancia dei pagamenti della Bundesbank, la Germania ha esportato 170 miliardi netti di capitale privato, vale a dire crediti erogati verso l'estero, oppure denaro trasferito per l'acquisto di beni di investimento all'estero. Nel complesso, i flussi di capitale privato emersi durante la crisi, di per sé non avrebbero condotto ad una crescita, ma ad una riduzione dei saldi Target.

Dietro la crescita dei saldi Target tedeschi, non c'è il rimborso dei prestiti tedeschi da parte degli stranieri, come ipotizzato da Fratzscher, piuttosto l'export netto di beni pagato con il denaro fresco di stampa proveniente dai paesi importatori. L'avanzo delle partite correnti tedesche fra il 2008 e il 2012, pari a 798 miliardi di Euro, è stato finanziato per tre quarti dai saldi Target (585 miliardi di Euro), mentre gli altri 183 miliardi sono rappresentati da un flusso di capitali privati oppure di natura pubblica. Si tratta di un deflusso di capitali privati pari a 170 miliardi di Euro e un piccolo credito pubblico concesso sotto forma del primo pacchetto di salvataggio greco. E' stata la Bundesbank a fare la parte del leone nel finanziare gli avanzi delle partite correnti tedesche. I crediti concessi alle altre banche centrali dell'Eurosistema, riflessi nelle eccedenze delle partite correnti, invece di essere investiti sui mercati esteri, sono tornati presso le stesse banche. Le banche tedesche hanno rimborsato i prestiti per il rifinanziamento ricevuti dalla Bundesbank, ed hanno riversato il denaro nei depositi a termine.

Che i crediti Target tedeschi siano emersi grazie agli avanzi commerciali non significa necessariamente che i debiti Target dei paesi in crisi possano essere spiegati interamente dai loro disavanzi di conto corrente. Dietro la crescita dei crediti Target tedeschi c'è una struttura molto piu' complessa, a cui hanno partecipato diversi paesi. Mentre il nesso fra debiti Target e partite correnti è molto forte in Grecia e Portogallo, per Italia, Spagna e soprattutto Irlanda in primo piano c'è la fuga dei capitali, che non necessariamente sono rientrati in Germania. Cosi la pressa per stampare denaro prestata a questi paesi, ad esempio, ha aiutato gli investitori britannici, che erano stati in grado di fornire credito americano per l'acquisto di auto tedesche.  In questo caso i debiti Target nei paesi in crisi e i crediti Target della Bundesbank sono cresciuti senza che ci fosse un rientro dei capitali verso la Germania. La Bundesbank in questo caso con i suoi crediti puo' aver aiutato la fuga dei capitali, ma senza aiutare gli investitori tedeschi, piuttosto quelli di paesi terzi.

Ora come in passato i paesi del sud sono ancora troppo cari e molto lontani dall'essere di nuovo competitivi

Considerare i saldi Target come un aiuto per la fuga dei capitali è solo una delle possibili interpretazioni. Ai tempi della crisi Lehman poteva avere un senso, visto che i credi Target hanno aiutato a superare la crisi di liquidità della zona Euro. Poi le cose pero' sono andate in maniera diversa. Quando l'economia mondiale nell'inverno 2009/2010 era in crescita e il mercato interbancario era di nuovo in piedi, la maggior parte dei paesi in crisi poteva accedere al mercato dei capitali, ma ad un tasso maggiore rispetto a quanto erano abituati a fare: il mercato prezzava un rischio insolvenza e chiedeva un corrispondente premio al rischio. In questa situazione il board BCE ha deciso di azionare la pressa per stampare denaro abbassando i requisiti di sicurezza necessari per il rifinanziamento e dando la possibilità alle banche centrali dei paesi in crisi di erogare credito ad un tasso inferiore rispetto a quello fissato dai mercati. La BCE ha offerto alle banche dei paesi in crisi una combinazione di crediti di diversa durata (prima fino ad un anno, poi fino a 3 anni), diversi tassi (1%, poi solo lo 0.5%) e garanzie diverse (ad esempio l'accettazione di titoli ABS non commerciabili oppure titoli di stato con lo status di Junk). Le banche dei paesi ancora in salute non hanno potuto tenere testa a queste condizioni per l'erogazione del credito. Messa in questo modo, le presse per stampare denaro del sud-Europa hanno davvero messo in fuga gli investitori internazionali. Mario Draghi, per la sua offensiva contro la concorrenza privata, ha addirittura scelto il nome „Dicke Bertha“, un cannone usato nella prima guerra mondiale.

La sostituzione del capitale privato internazionale attraverso il credito pubblico ha accelerato la frammentazione del mercato dei capitali europei, invece di mitigarla come sostiene Fratzscher. Se ci fossero stati incentivi per ridurre i saldi Target del sud, ad esempio richiedendo tassi piu' alti, come proposto dall'ex presidente Bundesbank Helmut Schlesinger, oppure esigendo un pagamento in oro, come previsto dal sistema dei cambi fissi di Bretton Woods, allora nel sud-Europa avremmo avuto certamente dei tassi piu' alti e sul mercato interbancario il capitale privato sarebbe tornato a fluire verso il sud. Tassi piu' alti avrebbero costretto i paesi del sud ad un risparmio maggiore e contribuito all'implementazione degli aggiustamenti strutturali nel mercato del lavoro e nell'organizzazione statale, necessari per la riduzione dei disavanzi esteri. Un tale miglioramento strutturale dei conti con l'estero non c'è stato, come recentemente indicato dal FMI. Ora come in passato, i paesi del sud restano troppo cari e molto lontani dal tornare competitivi.

Lo spiazzamento del mercato dei capitali privati avvenuto a causa della pressa stampa-denaro,  è il motivo principale per cui le banche e le assicurazioni tedesche oggi non ricevono tassi di interesse adeguati al rischio, mentre gli assicuratori sono addirittura costretti a ridiscutere i loro tassi di interesse garantiti.

La Germania è un paese prestatore

A volte si tende a sottolineare il vantaggio che l'abbassamento dei tassi ha avuto per i debitori tedeschi. La Germania non è un debitore ma uno stato creditore, ha un credito netto nei confronti del resto del mondo. Si', al momento è il piu' grande esportatore di capitali, addirittura prima della Cina. Pertanto il nostro paese è il grande perdente dall'abbassamento dei tassi, mentre i paesi in crisi, che sono debitori netti, sono i vincitori. 

La BCE si conferma un'organizzazione dedita all'acquisto dei risparmi tedeschi, che poi redistribuisce ai paesi in crisi, ai tassi che essa stessa decide. Secondo lo stesso modello potremmo mettere in piedi un'organizzazione gestita dall'UE per l'acquisto di auto tedesche e per la loro rivendita nel sud-Europa ad un prezzo ritenuto equo, e festeggiare la conseguente caduta dei prezzi come un vantaggio per il consumatore tedesco.

La politica della BCE e i crediti internazionali dei fondi di salvataggio hanno fatto scendere la remunerazione sui capitali presi a prestito dai paesi in crisi, nonostante i tassi sui mercati siano piu' alti e l'indebitamento estero dei paesi sia aumentato drasticamente. Il beneficio in termini di risparmio sugli interessi, per questi paesi, dal 2008 fino al 2012, se paragonato con un mantenimento dei tassi invariati rispetto al 2007, ammonta a 205 miliardi. Al contrario, la Germania, secondo lo stesso calcolo avrebbe avuto uno svantaggio di 203 miliardi di Euro. Non è sbagliato, in questo caso, parlare di un esproprio del risparmiatore tedesco e di una concorrenza a basso tasso di interesse fatta con la pressa per stampare il denaro.

Dal maggio 2010 la Germania nel board BCE è costantemente in minoranza.

Non è nemmeno sbagliato parlare di una pianificazione centralizzata degli investimenti. Dopo che gli investitori privati hanno ritirato i capitali dal sud-Europa, hanno tentato di riorganizzare il loro portafoglio. Tra le altre cose si sono riorientati verso gli immobili e dopo molti anni di stagnazione hanno dato vita al boom edilizio tedesco degli ultimi 3 anni. Questo spostamento degli investimenti sembra dare fastidio all'UE e alla BCE. Per questa ragione è stato organizzato un flusso di capitali pubblici (BCE e fondi di salvataggio) che ha sostituito i flussi di capitale privato. Prosegue in questo modo l'errata allocazione del risparmio europeo, che ha dato alla zona Euro il tasso di crescita piu' basso fra tutte le principali regioni del mondo. Altro capitale continuerà ad essere bruciato.

I crediti usciti dalla stampante di denaro, misurati dai saldi Target, sono la parte piu' importante del piano di salvataggio dell'Euro approntato dalla BCE. Hanno permesso il finanziamento degli stati e dell'economia privata mediante il sistema bancario. Si puo' discutere a lungo se questi crediti economicamente abbiano un senso oppure no. E' certo pero che il difficile equilibrio fra opportunità e rischi, in particolare la valutazione della distribuzione degli effetti fra i diversi paesi europei, non è stata decisa dai parlamenti, ma dal board BCE, un organo tecnocratico, in cui la Germania non ha un peso maggiore rispetto a Malta o Cipro e in cui dal maggio 2010 è costantemente in minoranza.

Le decisioni del board sono in palese contrasto con l'articolo 125 dei trattati UE in quanto hanno fornito un enorme volume di prestiti e di garanzie pubbliche a favore delle banche e degli stati del sud-Europa, che ora sono diventati un pericolo per la stessa BCE. Le perdite potrebbero superare il capitale proprio della BCE, pari a 500 miliardi di Euro. Anche se una banca centrale tecnicamente puo' continuare a lavorare con un capitale proprio negativo, perché il suo vero capitale ammonta al valore degli interessi derivanti dai prestiti di denaro che essa stessa ha creato, la perdita di una parte di questo capitale sarebbe un segnale disastroso per il mercato dei capitali.

Poiché i saldi Target sembrano essere in discesa, per molti il segnale di allarme è già scomparso

Sommando l'acquisto di titoli di stato fatto dalle banche centrali con i crediti Target approvati dal consiglio BCE ed erogati a favore dei 6 paesi in crisi (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia e Cipro) la somma dei crediti concessi dalla BCE è pari a 747 miliardi di Euro. Vale a dire il doppio dei fondi di salvataggio concessi dai parlamenti nazionali, pari a 385 miliardi di Euro.

Da un punto di vista economico i crediti della BCE sono sullo stesso piano dei fondi di salvataggio europei, che sono arrivati dopo e di fatto sono solo un mezzo per alleggerire l'esposizione della BCE. In considerazione di quanto la BCE aveva già fatto, ai parlamenti non è rimasto altro che votare un'architettura di salvataggio nella forma dell'ESM; in caso contrario saremmo arrivati ad un collasso dell'Eurosistema. Anche il forte desiderio di una ricapitalizzazione delle banche con i mezzi dell'ESM, espresso recentemente dal presidente BCE Mario Draghi con una lettera alla Commissione UE, chiarisce quanta paura abbia la BCE di dover subire delle perdite sui prestiti fatti.

Poiché i saldi Target in passato sono stati piu' alti degli attuali 681 miliardi, per molti osservatori il segnale di allarme si è già spento. Ancora forse non gli è chiaro che i crediti concessi dalla comunità internazionale attraverso i fondi di salvataggio hanno rimborsato e sostituito in maniera integrale e diretta i saldi Target. E' un processo automatico che emerge dalla natura del sistema Target. Senza i prestiti concessi dal fondo salva-stati e nelle stesse condizioni, i debiti Target dei paesi in crisi oggi sarebbero pari a 1066 miliardi di Euro, invece dei 681 miliardi.

I parlamenti europei nell'allestimento di un'architettura per il salvataggio sono probabilmente rimasti senza scelte alternative: le condizioni erano già state definite dal board BCE anni fa. Considerando le attuali circostanze, per me è necessario domandarsi se la politica fiscale a carattere regionale che la BCE a porte chiuse ha deciso di attuare, e per la quale nel sistema americano delle banche centrali non esistono paralleli, sia ancora compatibile con le regole della democrazia parlamentare definite dalla Costituzione tedesca.

venerdì 8 novembre 2013

La nuova politica di potenza tedesca

Le trattative per la formazione del nuovo governo vanno avanti e si iniziano a conoscere le linee guida della futura politica estera tedesca: espansione del ruolo internazionale della Germania e subordinazione dell'UE agli interessi nazionali. Da German Foreign Policy
La futura coalizione di governo ha già annunciato una nuova politica estera tedesca decisamente piu' aggressiva. E' quanto emerge da un documento strategico di politica estera, su cui l'Unione e la SPD hanno trovato un accordo. Secondo il documento i partiti della futura coalizione intendono "contribuire alla definizione del nuovo ordine mondiale" e "sono pronti" ad interventi di ogni tipo su scala globale. Già nel recente passato le prese di posizione del Presidente della Repubblica e le esternazioni di alcuni esponenti di spicco dell'establishment politico berlinese avevano invocato una leadership tedesca piu' forte. Il tema di fondo è la ridefinizione della politica estera tedesca. Recentemente anche i giovani della Konrad Adenauer Stiftung, vicina alla CDU, hanno lanciato un appello: un accresciuto ruolo politico di Berlino da realizzare con il proseguimento di una stretta cooperazione all'interno dell'alleanza militare occidentale. Inoltre, la cooperazione con i governi filo-occidentali del sud-est asiatico e dell'America latina dovrà essere ampliata - inclusi gli aspetti militari. Sotto la spinta della posizione tedesca, anche il Parlamento europeo chiede una politica estera maggiormente offensiva. L'UE dovrebbe, secondo il documento,  diventare un "attore globale".

Plasmare il mondo

Il prossimo governo federale cercherà di mettere in pratica le ambizioni politiche di Berlino. E' quanto emerge da un documento strategico di politica estera che l'Unione e la SPD hanno redatto congiuntamente durante le attuali trattative per la definizione del governo. "Intendiamo plasmare attivamente l'ordine globale", è scritto nel preambolo del documento, che esplicitamente annuncia la volontà tedesca di intervenire su scala globale: "Ci faremo trovare pronti, quando al nostro paese sarà chiesto un contributo per la soluzione di una crisi o di un conflitto". La Germania dovrà "rappresentare in tutto il mondo i suoi valori".[1] Dal punto di vista dei contenuti il documento si riallaccia alla attuale politica estera tedesca. E' possibile che fra CDU/CSU e SPD possa esserci una divergenza sull'opportunità di fare entrare la Turchia nell'UE, eventualità che i partiti dell'Unione continuano invece ad escludere. Un accordo formale sulla futura politica militare ancora non c'è; sull'acquisto e l'utilizzo dei droni da battaglia, invece, sarà probabilmente necessario un compromesso formale. La sola questione controversa, come si dice nel documento, è la limitazione dei poteri decisionali del Parlamento sui futuri interventi militari. La SPD su questo tema resta molto scettica [ 2 ].

Leadership piu' forte

Il documento si ricollega alle recenti proposte arrivate da Berlino, e alla richiesta di una maggiore presenza tedesca su scala globale. In stretto coordinamento con l'establishment della capitale, il Presidente della repubblica Joachim Gauck, nel suo discorso per l'anniversario della riunificazione ha detto che la Germania è "un paese popoloso, al centro del continente, nonché la quarta economia del mondo"; pertanto non accetta che "la Germania possa sminuire il suo ruolo internazionale". [3] Pochi giorni dopo, almeno 50 esponenti dell'establishment berlinese, dopo una lunga preparazione durata un anno, hanno pubblicato un documento di strategia politica, con il quale chiedono una "leadership tedesca piu' decisa" [4] Il documento è stato redatto su iniziativa della Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP), ma è stato apprezzato anche dalla seconda piu' importante fondazione di politica estera, la Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP), sulla loro rivista di politica internazionale.[5] Nel frattempo, altre richieste arrivate dal Ministero degli Esteri sono entrate nel dibattito, come ad esempio la richiesta di ridurre il potere decisionale del Parlamento sugli interventi militari. [6] La pressione sugli apparati resta forte

Espandere l'influenza

Cosi' ora anche la Konrad-Adenauer-Stiftung vicina alla CDU si è unita alla richiesta di una politica estera tedesca piu' aggressiva. Come menzionato in un breve documento recentemente presentato dal gruppo di lavoro sulla politica estera dei giovani della fondazione, la Germania, "in considerazione della condizione economica attuale, non solo potrebbe consolidare la sua influenza internazionale, ma anche espanderla". Il gruppo di lavoro  su questo tema ha fatto anche delle proposte concrete. La Germania dovrebbe rafforzare la sua posizione nel mondo arabo; cio' sarebbe possibile e necessario, poiché gli Stati Uniti sono impegnati nel contenimento della Cina ("Pazifisches Jahrhundert" [7]) e per questo "in tema di sicurezza politica non potranno restare un attore dominante in Europa, Africa e medio oriente". Berlino dovrà fare il possibile per ridurre "l'erosione della capacità militare europea". Di grande importanza sarà "l'aumento della capacità di combattimento delle forze armate".[8]

Imporre i propri interessi

Poiché le "capacità tedesche" non saranno sufficienti, "per far rispettare i propri interessi ed esercitare un'influenza internazionale", il gruppo di lavoro propone una politica estera fatta di alleanze. Cosi' l'alleanza con i paesi occidentali - nonostante le ambizioni politiche di Berlino - dovrebbe mantenere un ruolo fondamentale. In questo contesto la proposta di un accordo di libero scambio transatlantico [9] avrebbe un ruolo di primo piano, sempre secondo la Adenauer-Stiftung: la sua realizzazione "segnalerebbe alle potenze emergenti" la capacità "dei paesi occidentali di far valere i loro interessi ed il loro concetto di mercato". Inoltre si dovrebbero concludere altri accordi "con organizzazioni regionali (filo-occidentali)" - ad esempio l'ASEAN nel sud-est asiatico oppure in America latina la "Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (CELAC)". Accanto alla partnershaft europea con queste organizzazioni regionali, "applicando una doppia strategia, Berlino dovrebbe rafforzare i propri rapporti con alcune potenze regionali" - ad esempio con l'Indonesia, il Sud Africa, il Brasile e il Messico. Le alleanze fra i paesi dovrebbero essere rafforzate anche militarmente, ad esempio con i programmi di addestramento militare, "soprattutto con la scuola per la fanteria".[10] Questa strategia permetterebbe a Berlino di avere alleati collaborativi in ogni parte del mondo e di poter imporre la propria politica estera di potenza - se necessario anche indipendentemente dall'UE.

Ascolto nel mondo

Berlino completa i suoi piani di potere mondiale, legittimati dalla loro presenza nelle trattative per la formazione del nuovo governo, con un'offensiva a livello europeo. Cosi' il Parlamento europeo a fine ottobre in una risoluzione ha espresso la necessità di una politica estera comune europea in un mondo "caratterizzato da un cambiamento strutturale". Sul tema è "necessario un fondamentale dibattito strategico", che il Consiglio europeo, la Commissione e il Parlamento dovrebbero condurre sullo stesso livello. [11] La UE dovrebbe trasformarsi in un "global player" e non in un "global payer", chiede il deputato europeo Elmar Brok, presidente della Commissione affari esteri al Parlamento europeo, che ha spinto con forza per l'approvazione della risoluzione: "Solo quando l'Europa parlerà con una sola voce potrà trovare ascolto nel mondo" [12]

L'UE come amplificatore

Il passo successivo per l'integrazione della politica estera e militare dell'UE sarò il consiglio europeo in materia di sicurezza e difesa di dicembre. In quell'occasione, come richiesto dal Parlamento europeo, si dovrà discutere e adottare un piano per lo sviluppo della politica militare dell'UE, e dare il via ad un "libro bianco per la difesa europea".[13] Poiché su numerosi temi ci sono ancora grandi differenze fra i paesi piu' importanti dell'UE, ci possiamo aspettare un dibattito molto acceso. Berlino spinge con tutte le forze verso un risultato favorevole alla Germania: ha bisogno dell'UE - anche militarmente - per rafforzare la sua politica nazionale di potenza.

[1] Offensiver Ansatz in der Außenpolitik; www.tagesspiegel.de 05.11.2013
[2] Eine stärkere Rolle Deutschlands in der Welt; Frankfurter Allgemeine Zeitung 06.11.2013
[3] s. dazu Schlafende Dämonen
[4] s. dazu Die Neuvermessung der deutschen Weltpolitik
[5] Neue Macht, neue Verantwortung; Internationale Politik November/Dezember 2013
[6] s. dazu Mehr NATO, weniger Parlament
[7] s. dazu Das pazifische Jahrhundert
[8] Globale Megatrends (I): Weltweite Machtverschiebungen; Analysen und Argumente Ausgabe 134, November 2013
[9] s. dazu Das transatlantische Interessenfundament und Die Wirtschafts-NATO
[10] Globale Megatrends (I): Weltweite Machtverschiebungen; Analysen und Argumente Ausgabe 134, November 2013
[11] European Parliament resolution of 24 October 2013 on the Annual Report from the Council to the European Parliament on the Common Foreign and Security Policy (2013/2081(INI))
[12] EU-Außenpolitik: Abgeordnete fordern mehr Eigeninitiative der EU; www.europarl.europa.eu 24.10.2013
[13] European Parliament resolution of 24 October 2013 on the Annual Report from the Council to the European Parliament on the Common Foreign and Security Policy (2013/2081(INI))

giovedì 7 novembre 2013

Münchau: è inutile, certi concetti per qualcuno sono troppo difficili

Wolfgang Münchau su Der Spiegel ci ricorda quanto puo' essere difficile per i tedeschi capire che le partite correnti in avanzo non sono necessariamente il frutto di una maggiore competitività. Da Der Spiegel
I tedeschi continuano a considerare il boom dell'export come una prova della loro accresciuta competitività. Ma è soprattutto il segno della debolezza degli investimenti interni: chi ha un avanzo commerciale con l'estero, finirà per esportare i propri risparmi.

L'uscita del documento del Ministero delle finanze degli Stati Uniti con l'accusa verso i surplus commerciali tedeschi ha avuto un forte impatto. Sebbene non contenga nulla che non fosse già noto. Se un'economia molto grande come quella tedesca accumula un surplus pari al 6% del PIL, anno dopo anno, in una fase di stagnazione, allora l'impatto sull'economia mondiale sarà necessariamente poco piacevole.

Paul Krugman è cosi' arrabbiato per i surplus commerciali tedeschi che sul suo blog su  questo tema ha scritto sei post consecutivi - un onore che di solito concede solo agli estremisti di destra repubblicani. Il commento piu' intelligente sull'argomento a mio parere pero' è arrivato dall'economista britannico Simon Wren-Lewis dell'Università di Oxford. Egli scrive infatti che il problema non sarebbero gli avanzi in sé, piuttosto il dogmatismo del dibattito economico tedesco. In Germania si ritiene che tutti i paesi debbano seguire il modello tedesco ed  in questo modo ottenere degli avanzi commerciali - fatto impossibile da un punto di vista matematico. Visto che l'avanzo di un paese corrisponderà inevitabilmente al disavanzo di un altro paese.

Anche io trovo davvero sorprendente il fatto che ogni volta in Germania non si riesca ad afferrare anche l'aritmetica piu' semplice. Secondo il principio della partita doppia, per ogni transazione ci sono sempre due registrazioni - una per il flusso di merci fisiche e l'altra per il flusso finanziario. Da una parte un avanzo delle partite correnti significa un avanzo nell'export. Ci sarebbero anche altre voci che ne fanno parte, ma in questa discussione non sono importanti. Da un'altra, un avanzo delle partite correnti equivale ad un eccesso di risparmio rispetto agli investimenti.

Vogliono farci giocare peggio?

Nella discussione tedesca si tende sempre a sottolineare la prima di queste due voci: il flusso di merci. Giornalisti e politici di solito concludono che l'elevato avanzo commerciale è la conseguenza di una accresciuta competitività.

Il surplus di conto corrente puo' essere espressione, ma non necessariamente lo è, di una maggiore competitività. Per poterlo capire, bisogna spostare l'attenzione sulla seconda voce contabile. La Germania ha un cronico surplus di risparmio: risparmia piu' di quanto non investa. Da un punto di vista aritmetico i risparmi e gli investimenti nell'economia globale devono avere un saldo pari a zero. La terra resta un'economia chiusa in cui vale l'identità: risparmi=investimenti

Eccedenze di risparmio da una parte equivalgono ad un deficit altrove

Se su di un lato dell'economia ci sono degli avanzi sull'altro ci saranno dei deficit. La Germania e i Paesi Bassi attualmente hanno un avanzo delle partite correnti superiore al 6%. La zona Euro nel suo complesso si sta dirigendo verso un surplus del 3%. Dopo tutto stiamo parlando della seconda area economica mondiale. Il resto del mondo logicamente avrà un deficit, esattamente della stessa dimensione.

Visto che gli Stati Uniti non compensano piu' i disavanzi mondiali come facevano in passato emettendo nuovo debito, i deficit accumulati vengono trasferiti alle economie emergenti. Devono quindi importare denaro da noi - quel risparmio tedesco che non viene investito in Germania. Poiché il mercato dei capitali ancora non si è ripreso dallo scock della crisi finanziaria, il costo di questo denaro è piu' alto rispetto a quanto non accadeva in tempi normali. Le conseguenze sono una minore crescita per l'economia globale e una tendenza verso la deflazione nella zona Euro.

La sola possibilità realistica per far tornare in equilibrio l'economia mondiale è un significativo apprezzamento dell'Euro. La rivalutazione renderebbe l'import dalla zona Euro piu' costoso e ridurrebbe l'avanzo di conto corrente europeo. Questo apprezzamento tuttavia aumenterebbe le tensioni nella zona Euro e la pressione deflazionista, rendendo ancora piu' complicato l'aggiustamento interno. In Spagna per far tornare il paese competitivo gli stipendi non dovrebbero scendere del 20%, ma del 30 o 40 %. 

Data la pressione deflazionista ci sarebbe un ulteriore taglio dei tassi. Ma non avremmo ancora trovato una soluzione al problema centrale. Fino a quando la Germania ed altri stati continueranno ad avere un eccesso di risparmio, il resto del mondo sarà dipendente dai flussi di capitale esterni. E tutto cio' non c'entra nulla con la competitività.