lunedì 21 maggio 2012

Ricatto o mano tesa?

In una lunga intervista alla FAZ Jens Weidmann ammonisce la Grecia: risparmiare o uscire, altre possibilità non ci sono. Secondo il presidente della Bundesbank, non è compito della politica monetaria salvare gli stati in crisi ed è il momento di porre un limite ai rischi nei bilanci della banche centrali.
Risparmiare o uscire: il presidente della Bundesbank Jens Weidmann ricorda ai greci, in un'intervista alla FAZ, che sono loro a poter decidere sul proprio destino. 

FAZ: Herr Weidmann, il futuro politico e finanziario della Grecia prima delle nuove elezioni è sconosciuto. Riesce ancora a dormire serenamente il presidente della Bundesbank?

JW: La situazione è al momento molto seria e non sappiamo come potrà andare avanti. E' chiaro: la Grecia si trova di fronte a scelte fondamentali.  Il punto cruciale è se la Grecia rispetterà gli accordi già sottoscritti oppure no. Il programma di riforma e risparmio è necessario, in modo che il paese possa affrontare i suoi profondi problemi e nel futuro possa tornare a camminare sulle proprie gambe. E allo stesso tempo è la condizione per ogni ulteriore misura di aiuto.

FAZ: Il FMI ha congelato i contatti con la Grecia. E' questo l'inizio della fine?

JW: Con questa decisione il FMI sta solo reagendo al fatto che ad Atene fino alle elezioni parlamentari del 17 giugno non c'è nessun governo con un sostegno parlamentare sufficiente da essere considerato un interlocutore affidabile

FAZ: Lei crede che la Grecia lascerà l'Euro?

JW: Questo è nelle mani della popolazione greca e dei suoi rappresentanti eletti dal popolo. L'unione monetaria si compone di stati indipendenti. Questi decidono sul loro stesso destino, e se intendono rispettare gli accordi presi oppure no.

FAZ: E gli altri paesi dovranno subirne le conseguenze?

JW: Quando un paese non rispetta unilateralmente gli accordi raggiunti dopo una lunga negoziazione, accordi legati ad un ampio supporto di aiuti finanziari, le consequenze devono essere chiare. E le conseguenze di questa scelta colpirebbero la Grecia molto duramente.  Non ci saranno aiuti senza gli sforzi di risanamento, e il significato è fondamentale: per il caso concreto della Grecia, per gli accordi di aiuto presi con gli altri paesi, e per la fiducia nell'orientamento alla stabilità dell'unione monetaria.

FAZ: Molti greci non credono piu' ad un futuro nell'Euro, altrimenti non ritirerebbero in preda al panico tutto il loro denaro dai bancomat. L'Eurosistema è preparato ad un'uscita della Grecia?

JW: La mia impressione è che in Grecia non si stia ritirando denaro dai conti in preda al panico. Tuttavia la nervosità è tanta, e in particolare la Grecia deve fare di tutto, per evitare una ulteriore escalation. Inoltre non mi esprimo pubblicamente su eventuali piani di emergenza.

FAZ: In questo momento la BCE finanzia attraverso l'Eurosistema le banche greche. Non è questa una situazione difficile?

JW: L'Eurosistema lo ha fatto essendo fiducioso nel fatto che la solvibilità della Grecia sia garantita e le banche ricapitalizzate. Questo tuttavia comporta dei rischi molto maggiori per le banche centrali nazionali, l'ho sottolineato piu' volte in passato.

FAZ: Che cosa significa per la Bundesbank?

JW: A causa delle particolari modalità di rifinanziamento crescono prima di tutto i rischi per la banca centrale greca. Nel caso peggiore anche la BCE e la Bundesbank sarebbero significativamente coinvolte.

FAZ: Prima della formazione di un nuovo governo in Grecia saranno necessarie ancora altre settimane. Ha senso continuare a rifinanziare le banche greche per un periodo cosi' lungo - se poi alla fine il paese deciderà di uscire dalla moneta unica?

JW: La politica europea e greca devono decidere rapidamente come dovremo andare avanti. Data la situazione estremamente precaria è chiaro che si tratta di un compito della politica fiscale, decidere se il contribuente europeo dovrà sopportare ulteriori rischi. Non credo che sarebbe davvero corretto se l'Eurosistema nei confronti della Grecia dovesse aumentare ulteriormente i rischi. 

FAZ: Come funziona il finanziamento bancario e come è possibile fermarlo?

JW: Ci sono due vie per il finanziamento. Da un lato i normali strumenti della politica monetaria, crediti delle banche centrali dell'Eurosistema nei confronti delle banche commerciali. Questo percorso è aperto a tutte le banche dell'unione monetaria, fino a quando sono sufficientemente solide oppure dispongono di garanzie sufficienti ed adeguate. Visto che non possiamo discriminare nessuna banca o nessun paese membro. 

FAZ: E la seconda strada?

JW: Le banche, che in questo modo non ricevono piu' denaro, possono in via temporanea ricorrere al credito di emergenza denominato "ELA" (Emergency Liquidity Assistance). Questi crediti a breve termine possono essere concessi dalla banca centrale di un singolo paese a proprio rischio. Il consiglio BCE lo può impedire solo con una maggioranza dei due terzi.

FAZ: Tutto dipende dalle banche centrali?

JW: Questo dovrebbe essere normalmente solo in via temporanea, fino a quando le banche non tornano solvibili. Le banche in difficoltà devono essere ricapitalizzate con il denaro del fondo di salvataggio, se la politica intende finanziarle ulteriormente. Le banche centrali non dovrebbero risolvere i problemi di solvibilità.

FAZ: E poi c'è il sistema di pagamento Target 2. Werner Sinn, presidente IFO, sostiene che se la Grecia dovesse uscire dall'Euro, la Bundesbank perderebbe 30 miliardi di Euro. E' vero?

JW: I miliardi di crediti Target di cui si discute molto, sono collegati direttamente con la concessione di credito delle banche centrali alle banche commerciali. In paesi come la Grecia la liquidità che le banche ricevono defluisce dal paese, e questo deflusso si riflette nei saldi Target

FAZ: Ci sono tuttavia dei rischi? Qual'è il loro ammontare?

JW: La BCE ha crediti Target per circa 100 miliardi verso la Grecia. Le perdite colpirebbero la BCE se la banca centrale greca non fosse piu' in grado di adempiere ai propri obblighi.

FAZ: Che cosa succederebbe a questi crediti se la Grecia dovesse lasciare l'Euro?

JW: Non voglio speculare su scenari così precisi. Ma in questo caso certamente sui saldi ci sarebbero delle perdite - in maniera diretta per la BCE, in maniera indiretta per la Bundesbank, in quanto maggiore azionista e in questo modo alla fine per il contribuente tedesco

FAZ: Questi crediti possono essere un argomento per non far uscire la Grecia dall'Euro?

JW: L'appartenenza alla moneta unica è una scelta di fondo, in cui queste considerazioni a mio avviso non dovrebbero essere decisive.

FAZ: Che cosa può fare la banca centrale?

JW: Dobbiamo fare attenzione al fatto che i rischi nei nostri bilanci restino gestibili, su questo anche il presidente BCE Mario Draghi si è espresso recentemente. Dobbiamo fare piu' attenzione a chi prestiamo il denaro della banca centrale. E' necessario stabilire dei criteri piu' rigidi sulle garanzie necessarie. E dobbiamo obbligare la politica, ad assumersi le proprie responsabilità. Ci devono mostrare dove stiamo andando, in modo da poter accettare i rischi connessi.

FAZ:  Potrebbe essere la banca centrale a staccare la spina alla Grecia?

JW: La politica monetaria non vuole e non deve sostituire le decisioni dei governi eletti democraticamente. Ma quando si caricano su di questa sempre nuovi compiti, la situazione può diventare insostenibile.

FAZ: Gli economisti anglosassoni ci dicono, che gli squilibri in Europa nel medio periodo devono essere ricomposti con una deflazione nel sud Europa e un'inflazione nel nord Europa. Da quando in Germania dovremo fare i conti con un'inflazione superiore?

JW: A breve non ne vedo la possibilità. L'obiettivo dell'Eurosistema è la stabilità della moneta nell'area Euro. Non avremmo certo stabilità monetaria, se in una parte dell'unione monetaria avessimo deflazione e nel resto inflazione. Il processo di adattamento dei prezzi nel sud, che non considererei di deflazione, potrebbe anche significare che in Germania non avremo un forte aumento dei prezzi.

FAZ: Questo suonava diversamente nel rapporto della Bundesbank alla commissione finanze del Bundestag...

JW: Il parere conteneva solamente l'ovvietà, che un paese come la Germania, nel quale la congiuntura va meglio che in altri paesi, le condizioni nel mercato del lavoro sono le migliori da 20 anni, non potrà continuare ad avere un'inflazione inferiore alla media degli altri paesi. Questo significa solamente, che l'inflazione nel nostro paese potrebbe  essere in via temporanea, di qualche decimale sopra l'obiettivo del 2% definito dalla BCE. Come del resto per un lungo periodo, quando la situazione economica era abbastanza debole, è rimasta di qualche punto sotto.

FAZ: La BCE non aumenterà i tassi, fino a quando nei paesi del sud la situazione rimane invariata. Come sarà possibile lottare contro l'inflazione?

JW: E' il compito essenziale della politica negli stati periferici, stabilizzare le banche in maniera duratura e farlo rapidamente. La politica monetaria non se lo può permettere, e non è pensabile, che questo si aggiunga al nostro compito principale, quello di garantire la stabilità della moneta per l'intera area Euro.

FAZ: Per gli stati sarebbe abbastanze semplice, se potessero liberarsi dei loro debiti attraverso l'inflazione. Siamo in una "Repressione finanziaria" dove molti investitori istituzionali sono in pratica obbligati a tenersi delle obbligazioni, che garantiscono pochi interessi mentre il denaro investito perde valore?

JW: Tale obbligo, come ad esempio le limitazioni al movimento dei capitali non esisteno. Gli investitori hanno diverse opportunità che stanno utilizzando.

FAZ: In molti in questo periodo si stanno preoccupando per l'oro della Bundesbank, che in parte è depositato all'estero. Lei pensa che questo oro debba tornare indietro in Germania?

JW: Noi abbiamo fiducia nei nostri partner come la banca centrale americana, che gestisce una parte delle riserve a New York. Per decenni l'oro è stato considerato sicuro, e così è anche oggi. In considerazione della sicurezza, dei bassi costi di gestione, e del fatto che è utile come valuta di riserva, molti argomenti ci convincono a tenere una parte del nostro oro a New York.

FAZ: Il tribunale federale ha ammonito la Bundesbank di controllare piu' spesso, se i lingotti d'oro sono ancora là dove erano stati depositati...

JW: I revisori hanno sempre confermato, che gli stock di oro sono sempre stati inseriti nel nostro bilancio in maniera corretta.

8 commenti:

  1. "L'unione monetaria si compone di stati indipendenti." Veramente, Herr Weidmann, avendo un mercato unico ed una moneta unica, sono piuttosto interdipendenti.
    Il che è esattamente l'opposto dell'indipendenza. Questo per la logica. Per la Bundesbank, non so.

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    1. Ma il ragionamento di Weidmann non fa una piega, prendere o lasciare, non credo ci siano margini di trattativa. Se è un ricatto o una mano tesa non lo so, dipende sempre dal punto di vista.

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  2. Il discorso di Weidmann, astrattamente inteso, non fa una grinza.
    Se lo si colloca però nella storia e nel mondo, di grinze ne fa invece parecchie.
    Anzitutto perché implicitamente assume la spiegazione ufficiale della recente storia tedesca, quella che ascoltiamo da ogni rappresentante (l'Ambasciatore tedesco a Roma, ad esempio): loro sono stati bravi perché hanno fatto le “riforme strutturali”, e per questo sono usciti dal loro pantano. E così devono fare gli altri.
    E' una storia falsa, come false sono le storie che in Europa ogni classe dirigente di ogni paese racconta ai propri elettori (a dimostrazione di quanto poco europea sia questa classe dirigente). Le “riforme strutturali” tedesche sono consistite nel continuare sulla scia del dopo-unificazione, quando alla Germania sono confluiti aiuti enormi da parte dell'Europa intera sotto forma anche di import. Hanno semplicemente tirato dritto, avendo imparato la canzone.
    La storia la racconta chiaramente Hainer Flassbeck:
    http://documentazione.altervista.org/le_monde_Flassbeck_Grecia_UME.htm
    Quanto all'unificazione, una follia fatta in quel modo bolscevico, Weidmann non dovrebbe dimenticare quanto dice il suo collega Hans-Werner Sinn, nel suo lavoro del 1996 (http://www.nber.org/papers/w5839.pdf). Uno shock mondiale al quale la Bundesbank era allora contraria, che ha trasformato la Germania in un “Thirsty Giant”.
    Ora l'idea che i problemi dei GIIPS siano sostanzialmente “problemi loro” (e dunque, loro anche le soluzioni, che è poi la linea del nostro Monti, salvo “sulla crescita”, altro mantra vuoto di significato) dimentica come l'interdipendenza dell'Eurozona faccia sì che gli Stati non abbiano nessuno strumento di intervento per le dovute correzioni agli squilibri, i quali tali non erano quando faceva comodo. Di fatto, hanno le mani legate dietro la schiena, e non possono adempiere alla funzione fondamentale per la quale esistono e hanno legittimità: difendere la società dagli attacchi e dai fenomeni disgregativi di origini esterne e interne. E non sono dunque solo i debitori ad avere torto, in un sistema interconnesso e interdipendente.
    Gli Stati non possono svalutare, non possono controllare i flussi di import. Non possono impedire l'insediamento di multinazionali estere. In Grecia, dall'euro in poi, la grande distribuzione è finita fin da subito in mano francese e tedesca, e così i greci, ogni volta che vanno a fare la spesa, non sapendolo, importano (succede anche agli italiani). E a furia di importare – così e in altri modi - si sono indebitati. E non solo nessun governante può fare nulla per limitare o impedire questi fenomeni, ma la Grecia è stata addirittura incentivata ad importare, e non solo armamenti. Il governo Karamanlis, su sollecitazione europea, come anche quello italiano, ha prima della “crisi” concesso agevolazioni faraoniche per la rottamazione delle automobili e l'acquisto di nuove auto. Le politiche europee contrarie “agli aiuti di stato” non sono però contrarie agli aiuti alle proprie industrie automobilistiche, le quali non sono però uniformemente distribuite sul territorio.
    E questo in un paese come la Grecia con un grosso disavanzo cronico delle partite correnti e che non produce auto (almeno da noi gli incentivi per il 30% sono andati alla FIAT).
    I creditori si sono allora fregate le mani. Nessuna Bundesbank, nessun Weidmann, si sono levati allora per denunciare la “mancanza di rigore” dietro politiche del genere. Oggi, invece, ognuno è “indipendente” e deve pagare i suoi conti da solo.

    Segnalo inoltre un'intervista a Weidmann di Le Monde. Getta ulteriore luce.
    http://www.lemonde.fr/economie/article/2012/05/25/jens-weidmann-croire-que-les-eurobonds-resoudront-la-crise-est-une-illusion_1707264_3234.html

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  3. PS: Un ringraziamento sentito al blogger di vocidallagermania per il suo lavoro preziosissimo. La mia animosità è verso Weidmann e una certa cultura tedesca, ovviamente, non verso di lui. Né, in generale, verso "i tedeschi" i quali, come tutti, sono diversi l'uno dall'altro.

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  4. Il discorso di Weidmann, astrattamente inteso, non fa una grinza.
    Se lo si colloca però nella storia e nel mondo, di grinze ne fa invece parecchie.
    Anzitutto perché implicitamente assume la spiegazione ufficiale della recente storia tedesca, quella che ascoltiamo da ogni rappresentante (l'Ambasciatore tedesco a Roma, ad esempio): loro sono stati bravi perché hanno fatto le “riforme strutturali”, e per questo sono usciti dal loro pantano. E così devono fare gli altri.
    E' una storia falsa, come false sono le storie che in Europa ogni classe dirigente di ogni paese racconta ai propri elettori (a dimostrazione di quanto poco europea sia questa classe dirigente). Le “riforme strutturali” tedesche sono consistite nel continuare sulla scia del dopo-unificazione, quando alla Germania sono confluiti aiuti enormi da parte dell'Europa intera sotto forma anche di import. Hanno semplicemente tirato dritto, avendo imparato la canzone.
    La storia la racconta chiaramente Hainer Flassbeck:

    http://documentazione.altervista.org/le_monde_Flassbeck_Grecia_UME.htm

    Quanto all'unificazione, una follia fatta in quel modo bolscevico, Weidmann non dovrebbe dimenticare la lezione del suo collega Hans-Werner Sinn, nel suo lavoro del 1996 (http://www.nber.org/papers/w5839.pdf). Uno shock mondiale al quale la Bundesbank era allora contraria, che ha trasformato la Germania in un “Thirsty Giant”.

    Ora l'idea che i problemi dei GIIPS siano sostanzialmente “problemi loro” (e dunque, loro anche le soluzioni, che è poi la linea del nostro Monti, salvo “sulla crescita”, altro mantra vuoto di significato) dimentica come l'interdipendenza dell'Eurozona faccia sì che gli Stati non abbiano nessuno strumento di intervento per le dovute correzioni agli squilibri, i quali tali non erano quando faceva comodo. Di fatto, hanno le mani legate dietro la schiena, e non possono adempiere alla funzione fondamentale per la quale esistono e hanno legittimità: difendere la società dagli attacchi e dai fenomeni disgregativi di origini esterne e interne. E non sono dunque solo i debitori ad avere torto, in un sistema interconnesso e interdipendente.
    Gli Stati non possono svalutare, non possono controllare i flussi di import. Non possono impedire l'insediamento di multinazionali estere. In Grecia, dall'euro in poi, la grande distribuzione è finita fin da subito in mano francese e tedesca, e così i greci, ogni volta che vanno a fare la spesa, non sapendolo, importano (succede anche agli italiani). E a furia di importare – così e in altri modi - si sono indebitati. E non solo nessun governante può fare nulla per limitare o impedire questi fenomeni, ma la Grecia è stata addirittura incentivata ad importare, e non solo armamenti. Il governo Karamanlis, su sollecitazione europea, come anche quello italiano, ha prima della “crisi” concesso agevolazioni faraoniche per la rottamazione delle automobili e l'acquisto di nuove auto. Le politiche europee contrarie “agli aiuti di stato” non sono però contrarie agli aiuti alle proprie industrie automobilistiche, le quali non sono però uniformemente distribuite sul territorio.
    E questo in un paese come la Grecia con un grosso disavanzo cronico delle partite correnti e che non produce auto (almeno da noi gli incentivi per il 30% sono andati alla FIAT).
    I creditori si sono allora fregate le mani. Nessuna Bundesbank, nessun Weidmann, si sono levati allora per denunciare la “mancanza di rigore” dietro politiche del genere. Oggi, invece, ognuno è “indipendente” e deve pagare i suoi conti da solo.

    Segnalo inoltre un'intervista a Weidmann di Le Monde. Getta ulteriore luce.
    http://www.lemonde.fr/economie/article/2012/05/25/jens-weidmann-croire-que-les-eurobonds-resoudront-la-crise-est-une-illusion_1707264_3234.html

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  5. Vedo che la mia risposta (quella che dà senso al mio ultimo post di ringraziamento) non resta in pagina. Si vede subito dopo inserita, e poi sparisce. Non so perché: forse perché è lunga, e qualcosa la taglia. Contestavo la correttezza del ragionamento di Weidmann.
    Pazienza.

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    1. Infatti la risposta non è visibile ma è arrivata per posta, non saprei, misteri di blogspot ;)
      Leprechaun, con me sfondi una porta aperta, questo blog ha dato grande attenzione al ruolo giocato dalla moderazione salariale nel boom delle esportazioni, ovviamente ai danni dei vicini di casa. Weidmann è convinto di difendere gli interessi tedeschi, ma in realtà ci porta verso il baratro, aspettiamo le elezioni greche e poi ne riparliamo...

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  6. Ma certo, lo avevo capito dalle scelte fatte sul materiale tradotto. Il commento non era destinato al blogger, ma ai passanti. Si spera sempre di suscitare una discussione, cosa della quale c'è un disperato bisogno.
    PS: Una technicality. I commenti sono limitati a 4096 (2^12) caratteri. Se si sfora, si viene avvisati che il post non è pubblicabile. Ma forse esiste un'altra soglia che fa scattare il meccanismo di invio per e-mail, per "contenere" i post lunghi (anti-spam e cose del genere).

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